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Se Saccomanni, Letta ed Alfano non vogliono tagliare la spesa si dimettano

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Cambia il governo ma non la musica. E si inizia ad averne davvero le palle piene.

Il neo ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, ieri ha detto che, per scongiurare l’incremento (dal 21 al 22%) dell’aliquota ordinaria Iva e per abolire l’Imu sulla prima casa, occorrerebbe tagliare di 8 miliardi la spesa pubblica; il che, a suo giudizio, richiederebbe «interventi compensativi di estrema severità che al momento non sono rinvenibili».

Estrema severità? Al momento non sono rinvenibili? Evidentemente, a via XX Settembre fanno uso di sostanze stupefacenti o parlano a cavolo di cane. Tertium non datur.

8 miliardi rappresentano, se non abbiamo fatto male i calcoli, lo 0,9% del valore dell’intera spesa pubblica primaria (che ammonta a 720 miliardi circa). È mai possibile che, mentre milioni di famiglie, causa crisi ed incremento della tassazione, hanno dovuto ridurre (rispetto al passato) le proprie spese di svariate diecine di punti percentuali, Sua Maestà lo Stato non riesca a contrarre le proprie di un miserrimo 0,9%? Ma stiamo scherzando o cosa?

Si visioni la seguente tabella pubblicata a pagina 34 del Documento di Economia e Finanza.

Si consideri la voce “totale spese correnti netto interessi”. Ebbene, essa, nel 2012, ammontava a 666,538 miliardi di euro. Nell’anno in corso, il 2013, essa è prevista a 671,377 miliardi, in crescita di 4 miliardi e 839 milioni. Nel 2014, a 679,373 miliardi, in aumento di 7,996 miliardi rispetto all’anno precedente; nel 2015, a 693,230 miliardi, in crescita addirittura di 13,857 miliardi (sempre in rapporto all’anno precedente); nel 2016, a 705,836 miliardi, in aumento di 12,606 miliardi. Nel 2017, infine, essa arriverà a 718,273 miliardi; registrando un incremento, rispetto all’anno precedente, di 12,437 miliardi e, rispetto all’anno in corso (il 2013), di 46 miliardi e 896 milioni.

Ora. È mai possibile che, nel 2014, non si possa sterilizzare quell’incremento (rispetto al 2013) di 7 miliardi e 996 milioni che, guarda caso, è praticamente pari agli 8 miliardi di cui è alla ricerca il governo? Se “congeliamo” la spesa, per un anno, non succede una beneamata fava. Niente di niente. Anche perché l’inflazione è molto bassa.

Ancora. È mai possibile, poi, che negli anni successivi, 2015-2016-2017, non si possano ridurre di 8 miliardi gli incrementi di spesa già pianificati e, così, trovare una copertura strutturale all’abolizione dell’Imu e all’incremento dell’aliquota ordinaria Iva? Non ci crede nessuno, francamente. È un’operazione che può essere fatta senza alcun problema.

Ancora. Si consideri la voce “consumi intermedi”. Ebbene, essa annovera: l’acquisto, da parte della Pubblica Amministrazione, di penne, risme di carta, matite e materiale di cancelleria vario. Nell’ambito sanitario, poi, essa ricomprende anche: l’acquisto di siringhe, aghi, ovatta, bende, garze, protesi e prodotti medicali vari.

Ora, sia consentita una digressione per illustrare, sia pur sommariamente, quali sprechi si annidino nella spesa per consumi intermedi della Sanità. Per farlo, ci si limiterà a ricopiare quanto già riportato in questo post, la cui lettura è consigliata, e che tiene conto dei dati ufficiali diffusi dall’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici.

Abbia inizio lo show:

«Partiamo dalle siringhe. E consideriamo, ad esempio, quelle di “plastica sterile monouso cono luer lock senza ago (ml 5)”. Secondo lo studio dell’Avcp, il loro “prezzo di riferimento”, ovvero quello al quale dovrebbero essere acquistate dalle Asl, ammonta a 0,02 euro; mentre il loro “prezzo mediano”, ovvero quello medio al quale le Asl le acquistano, è di 0,043 euro. Se la matematica non è un’opinione (e il caldo non mi ha mandato in fumo il cervello): il doppio.

Consideriamo, adesso, un “Ago cannula a due vie con prolunga integrata (G18 ÷ G 24)”: le Asl dovrebbero pagarlo 2,11 euro (prezzo di riferimento), ma arrivano a pagarlo, in media, 4,575 euro (prezzo mediano). Più del doppio.

Passiamo, poi, ai “Cateteri guida per angioplastica periferica varie forme e misure da 6 a 9 Fr”: il loro prezzo di riferimento è 43, 00 euro; le Asl, per acquistarli, arrivano a sborsarne, in media, anche 80,00 (prezzo mediano). Praticamente il doppio (…).

Passiamo all’ovatta. Consideriamo quella di “cotone idrofilo per uso sanitario non sterile in confezione da 500g”. Ebbene, essa dovrebbe costare 0,753 euro (prezzo di riferimento); le Asl, invece, arrivano a pagarla, sempre in media, 1,6 euro (prezzo mediano).

Occupiamoci, ora, delle “Garze in cotone piegate senza filo radiopaco sterili (strati 16, cm 10 x 10)”. Dovrebbero costare, alle Aziende Sanitarie, 0,03 euro (prezzo di riferimento), invece arrivano a costare loro, in media, 0,08 euro (prezzo mediano). Più del doppio; quasi il triplo (…).

Adesso passiamo ad una tipologia un po’ più sofisticata di prodotti medicali: le protesi. Nelle cui compravendite, come molteplici inchieste della Magistratura hanno evidenziato, girano tangenti cospicue. Occhio ai loro prezzi, dunque.

Iniziamo con le “Protesi vascolari rette in dacron maglia impregnate con gelatina”, il cui prezzo di riferimento è 185,00 euro, mentre quello a cui le acquistano le Asl è, in media, 379,50 euro.

Saliamo di categoria.

Protesi vascolari rette in dacron maglia con rivestimento in argento, mis da 70”: il loro prezzo di riferimento è 293,00 euro, mentre quello che pagano le Asl per procurarsele è, in media, 1.130,22 euro (prezzo mediano). Sono necessari commenti? Non credo.

Continuiamo.

Protesi vascolari rette in dacron maglia trattate con eparina”: il loro prezzo di riferimento è 637,50 euro; quello mediano, invece, è 1.553,82 euro.

Protesi vascolari rette in PFTE semplici (lunghezza = 70 cm)”: il loro prezzo di riferimento è 317,00 euro; quello mediano, invece, è 1.067,20 euro.

Protesi vascolari rette in PFTE rinforzate con supporto radiale, lunghezza cm 40 ca.”: il loro prezzo di riferimento è 320,00 euro; quello mediano, invece, è 938,90 euro.

Chiudiamo il capitolo delle protesi occupandoci di quelle “vascolari rette in PFTE rinforzate con anelli rimovibili, lunghezza cm 70 ca.”: il prezzo al quale le Asl dovrebbero acquistarle, è 398,10 euro (prezzo di riferimento), quello a cui le comprano, invece, è, in media, 1.984,50 euro (prezzo mediano)».

Ecco. Credo che bastino questi dati per capire quanto gravida di sprechi sia la spesa pubblica per consumi intermedi nella Sanità, che dovrebbe ancora ammontare a 35 miliardi, e quali margini di intervento esistano per comprimerla senza ridurre in alcun modo i servizi.

Ebbene. Riprendiamo la tabella del Def.

Nell’anno in corso, la spesa per consumi intermedi tutta è pari a 128,561 miliardi, in calo – incredibile dictu – di 3,718 miliardi rispetto al 2012. Nel 2014, però, pur restando inferiore a quella del 2012 (132,279 miliardi), essa crescerà arrivando a 129,608 miliardi, registrando, rispetto all’anno precedente, un incremento di 1,047 miliardi. E, a partire dal 2015, essa arriverà a superare il livello che aveva nel 2012; per registrare, nel 2017, e rispetto all’anno in corso (il 2013), un incremento di 10 miliardi e 150 milioni.

Ora, siccome «i consumi intermedi locali», come si può appurare dalla seguente tabella e come ha scritto Aldo Lanfranconi su Noise from Amerika, «sono cresciuti mediamente ogni anno del 5,5%, i centrali del 2,8% e i prezzi solo del 2%» e, per di più, «tali aumenti di costo non sono giustificati dall’aumento della popolazione (mediamente 0,4% annuo)», codesta voce di spesa può essere tranquillamente tagliata anche perché, ripetiamolo ancora, gronda sprechi clientelari ed inefficienze (come abbiamo documentato).

Qui non si è economisti, ringraziando Iddio: si è semplicemente napoletani (che è molto di più). Nondimeno, a noi pare che margini per tagliare la spesa corrente, e facilmente, ve ne siano.

Ragion per cui, se Saccomanni, Letta ed Alfano non intendono farlo, è meglio che si dimettano subito.

Anche perché, se dovessero incrementare anche solo di un euro il già insostenibile carico fiscale gravante su famiglie e imprese, dischiuderebbero le porte a cruenti tumulti di piazza e sommosse.

Non è un auspicio, naturalmente. È solo una certezza.




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