«Ha il sapore di una vera e propria beffa. E’ vero che si tratta solo di un aumento degli acconti di fine anno che sarà sottratto dai saldi che gli imprenditori pagheranno nel 2014; tuttavia, incrementare dal 99 al 100% l’acconto dell’Irpef, dal 100 al 101% quello dell’Ires e dal 100 al 110% quello dell’Irap contribuirà a peggiorare la situazione finanziaria di artigiani, commercianti, liberi professionisti e piccoli imprenditori che da tempo denunciano a gran voce di non disporre della liquidità necessaria per mantenere in piedi l’attività. Con le banche che da tempo hanno chiuso i rubinetti del credito e con una crisi che non accenna ad allentare i suoi effetti recessivi, come faranno molte imprese ad affrontare la scadenza di novembre con questi aumenti? In più, da oggi – conclude Bortolussi – scatta l’aumento dell’imposta fissa di bollo: quella da 1,81 euro sale a 2 euro e quella da 14,62 euro a 16 euro».
In questo modo, Giuseppe Bortolussi, il segretario della CGIA di Mestre, ha commentato la manovra-beffa – oggi varata dal governo – che rinvia ad ottobre l’incremento (dal 21 al 22%) dell’aliquota ordinaria Iva.
Come se non bastasse, l’esecutivo appoggiato dal PUdI – il Partito Unico delle Imposte cui fanno capo il social-comunista Pd ed il socialdemocratico Pdl –, e che già s’era segnalato nelle settimane scorse per due operazioni di incremento del prelievo fiscale (A e B), in un paese che dal 2010 ad oggi ha fatto manovre correttive basate per il 72% su maggiori tasse (per un valore di almeno 167 miliardi), ha pensato bene di introdurne altre ancora.
Siccome Sua Maestà lo Stato s’era distratto un attimo e non aveva ancor provveduto a torchiare a dovere un business emergente e assai florido, quello delle cosiddette sigarette elettroniche, oggi ha pensato di rimediare all’errore presentando un conto assai salato a chi, in quel business, aveva deciso di investire (e rischiare) risorse creando, tra l’altro, occupazione:
«I prodotti contenenti nicotina o altre sostanze idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati nonché i dispostivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo, sono assoggettati ad imposta di consumo nella misura pari al 58,5 per cento del prezzo di vendita al pubblico». Questo è quanto si legge nella bozza del provvedimento governativo venuta in possesso de Il Sole 24 Ore.
Il punto, allora, è questo.
Siccome lor signori politici paiono intenzionati a non voler fare l’unica cosa giusta, tagliare col machete la spesa corrente onde retrocederla in minori imposte, e sì che farlo sarebbe davvero un giuoco da ragazzi; siccome lor signori, all’opposto, seguitano a ritenere cosa buona e giusta incrementare all’infinito il prelievo fiscale sui contribuenti; siccome lo spread tra Btp e Bund, in questi giorni, sta tornando a crescere e ad attestarsi ad una soglia critica, e questo, assieme ad un cattivo andamento dei conti pubblici, renderà necessaria, nei prossimi mesi, un’ennesima manovra correttiva che, visti i chiari di Luna, tanto per cambiare sarà fatta sul versante delle entrate, cioè facendo ricorso a nuovi balzelli (ancora!); siccome, per di più, il nostro debito continua a crescere e i nostri valentissimi politici continuano a non falcidiarlo privatizzando tutto il privatizzabile, e sì che farlo sarebbe davvero un giuoco da ragazzi avendo a disposizione asset pubblici (tra immobili e partecipazioni societarie) del valore di 1.800 miliardi; insomma: siccome lor signori della maggioranza non fanno una beneamata fava per mettere in salvo il Paese, e lor signori dell’opposizione (si pensi al 5 Stelle), invece di incalzarli, passano le giornate a giocare alla Play Station avendo scambiato evidentemente il Parlamento per l’asilo Mariuccia, non sarà forse arrivato il momento di far sentire la nostra voce, di chiedere al Tea Party Italia e a Fare per Fermare il Declino di organizzare una bella manifestazione a Roma, in autunno-inverno, e a Oscar Giannino di capeggiarla e pubblicizzarla sui media, coinvolgendo commercianti, artigiani, industriali e professionisti, per chiedere meno spesa, meno tasse e più privatizzazioni? (Repetita iuvant).
La si potrebbe organizzare, come mi ha suggerito pochi giorni fa un lettore/amico, FabioG, dinanzi al Ministero dell’Economia; e chiamarla, visto che di questi tempi va molto di moda la parola #Occupy, #OccupyViaXXSettembre.
Che ne dite, ci proviamo?
O vogliamo seguitare a comportarci da schiavi, subendo in silenzio qualunque vessazione, fiscale e non, lor signori decidano di riservarci?